TERRITORI E CULTURA – Villa Fedora. Baveno 28 novembre 2015
Report del gruppo di studio “SPAZI e CULTURA”
In passato (come Agenda 2020) abbiamo cercato di trasmettere il concetto di vitalità dei luoghi, con questa formula:
DAI LUOGHI COMUNI AI LUOGHI CREATIVI
Allora ci siamo domandati cosa significa rendere un luogo creativo. E’ possibile rendere un luogo/i creativo/i? E qual è lo scopo di rendere un luogo creativo? Un luogo creativo può diventare motore della cultura di un territorio?
Che cos’è un luogo?
Gli spazi della nostra vita quotidiana in genere sono luoghi, usiamo dire spesso i luoghi dell’abitare, oppure i luoghi d’incontro o i luoghi della sofferenza, luoghi della natura e luoghi della cultura (riferendoci all’ambiente naturale e all’ambiente artificiale).
Abitare in un luogo possiede una larga valenza. Noi abitiamo quando ci identifichiamo con un luogo quando riusciamo ad orientarci in questo luogo ne riconosciamo l’essenza ovvero quando riusciamo a sperimentare il significato di un ambiente. Identificarsi, significa soprattutto diventare “amici” di un ambiente dato.
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”, scriveva Pavese.
Nel Nord Europa, si diventa “amici” della nebbia, del ghiaccio e dei venti freddi, si impara a conoscerli sin dall’infanzia.
Gli alpigiani di Val Grande dovettero imparare presto a diventare amici del bosco,della fatica dovuta alla verticalità dello spazio ed alla asperità dei differenti luoghi. In questo senso gli spazi della vita quotidiana sono luoghi a tutti gli effetti.
Un termine concreto per definire l’ambiente è luogo. Di fatto si usa dire che gli atti e gli eventi hanno luogo.
Allora cosa intendiamo effettivamente con il termine luogo? E’ ovviamente qualcosa di più di una semplice localizzazione è, un ambiente composto da cose concrete e non, composto da materia, forma, colore ma anche di “atmosfera/e” è un ambiente dove riconosciamo un dentro e un fuori (in alcuni centri abitati delle nostre Valli Intrasche, troviamo ancora i toponimi che identificano i differenti luoghi dell’abitare, a Miazzina vi è ad esempio il log dent e il log la).
Il luogo è soprattutto uno spazio vissuto ricco di relazioni con un suo specifico carattere (a luoghi simili possono corrispondere caratteri differenti) e quindi atmosfere particolari.
E il carattere di un luogo non solo ne denota l’atmosfera ma anche la forma concreta degli elementi che lo compongono (il quartiere popolare piuttosto che la City). Esso ha anche una funzione temporale: si modifica con le stagioni, con il tempo che passa, acquisisce nuovi valori, può diventare luogo della memoria, del ricordo, può mutare aspetto e funzione.
Scrive Erminio Ferrari, riferendosi alla Val Grande:
“Cos’è mai l’emozione che dà ogni passo in questa valle? È cambiata negli anni, ma ne resta la trama di fili, senza un capo che si veda.”
Cultura e luogo
L’agricoltura, per secoli e ancora oggi -quando non è intesa come un puro e semplice sfruttamento- rappresenta per l’uomo, il concetto di fertilità del suolo. Con essa, il paesaggio culturale diventa il fenomeno emblematico dell’addomesticamento delle forme e forze della natura da parte dell’uomo.
Nel paesaggio culturale, l’uomo costruisce la terra, ne riordina i percorsi, i limiti, mette in risalto l’organizzazione spaziale, rifonda i caratteri naturali propri dei luoghi interessati dalla vita quotidiana, dal tempo e dal movimento.
Sentieri e percorsi sono archetipi del movimento, della direzione e del ritmo (spesso diciamo al passo lento del montanaro oppure veloce come un treno). Nei percorsi si concretizza fisicamente la dimensione del tempo, tant’è che oggi misuriamo il tempo pensando ai voli aerei o addirittura al tempo reale dei bit di trasmissione.
L’uomo è cosa tra le cose, vive tra monti, fiumi, boschi, campi e in questo mondo costruisce, crea, inventa. Grazie alla cultura l’uomo pianta le sue radici nella realtà delle cose. Diventa cercatore di luoghi e creatore di luoghi. Si identifica con essi attraverso l’esperienza e se ne sente parte.
La perdita dei luoghi e il loro rifondarsi
Gran parte dei luoghi che caratterizzano il nostro territorio hanno subito profondi mutamenti con l’industrializzazione ed in seguito anche con la sua crisi; è con la cultura romantica ed i turismo (il villeggiare in villa) che ha preso forma il nuovo paesaggio del lago sin dalla seconda metà dell’Ottocento.
Dal punto di vista dell’eloquenza dell’assetto morfologico e paesaggistico possiamo affermare che il binomio villa-giardino, come unità elementare di percezione, nella quale i singoli elementi assumono funzionalità e significato in quanto parti di un insieme ambientale più ampio, è l’elemento che meglio di altri esprime la mappa mentale del lago, il genius loci del Verbano, dunque del luogo come percepito anche dall’esterno, ma anche del suo essere produttore di valore aggiunto territoriale.
Ma vale la pena ricordare che soprattutto l’entroterra verbanese e le valli più povere del territorio del Verbano Cusio Ossola portano i segni della trasformazione, dell’irrimediabile alterazione, quando non la scomparsa delle qualità tradizionali che ne avevano caratterizzato l’insediamento umano.
Oggi le grandiose opere collettive e comunitarie che caratterizzavano e strutturavano i luoghi della già fragile agricoltura alpina, i terrazzamenti, le risorgive, i percorsi della transumanza e dell’inalpamento sono fagocitate dalla natura che riprende a buon diritto i suoi spazi.
Le linee di declivo dei terreni lavorati, un tempo spezzate da muri di sostegno in pietra a secco, oggi sono ormai una linea continua dove la natura ha depositato il “velo del tempo”.
Il tessuto culturale delle corti maggengali e degli alpeggi ha perso i suoi nodi, i suoi domini e percorsi, si è squarciato ne ha perso i caratteri identitari e non è più riconoscibile come una totalità. L’insediamento quale luogo entro la natura non esiste più.
Ancor di più l’oggi sembra essere caratterizzato dalla fluidità delle cose e quindi del carattere dei luoghi.
Questo fenomeno lo si vive soprattutto attraverso gli oggetti della rappresentazione. La pittura e la scultura tradizionale hanno lasciato il posto alle più rapide installazioni e ai video.
Le rappresentazioni teatrali, vengono realizzate in luoghi inusuali rispetto al passato e i manufatti dell’archeologia industriale diventano quinte teatrali, le case private luoghi di lettura. Grandi pannelli multimediali, dove suono, colore, immagine, musica e profumi accarezzano i nostri sensi lungo strade urbane appositamente allestite.
Le avanguardie non sono più selettive, si diffondono, sperimentano, creano in una forma d’instabilità permanente.
Anche gli oggetti d’uso diventano sempre più plurifunzionali (l’automobile sta per diventare un robot autosufficiente, il telefono è tutto fuorché telefono).
E tutto ciò non può non avere influenza sui luoghi, non può non caratterizzare i luoghi della vita quotidiana.
Ma tutto ciò porta con sé anche degli aspetti positivi?
Nel senso di un dinamismo diverso e creativo dell’attività umana e soprattutto consapevole ed ecologica, cosciente che uomo e natura possono e devono vivere in simbiosi in un territorio dove sviluppo e sostenibilità viaggiano sullo stesso piano per ciò che riguarda le scelte collettive.
Pensiamo di sì se, come detto sopra, spazio e tempo sono coordinate ineludibili dell’esperienza che caratterizzano un luogo quindi anche dell’agire, del pensare e del creare di un individuo o di un gruppo di individui.
Il luogo lo ribadiamo non è solo uno spazio fisico, ma è anche spazio d’interazione sociale, di sentimento (memoria/e) e di significato/i.
Sono in pratica le persone a fare i luoghi, esse ne costruiscono il significato, ed anche i conflitti sull’uso materiale.
In questa accezione, il luogo o meglio sarebbe dire i luoghi, diventano lo strumento per una realtà d’incontri, l’ubicazione delle reti di relazione, spazio di movimento e di influenze.
Questo aspetto, mi pare ci debba far riflettere anche sulla questione delle copresenze e ripensare quindi al concetto di luogo capace di costruire nuove geografie della solidarietà e dell’ospitalità, ma anche nuove geografie del lavoro piuttosto che dell’esclusione.
Ripartire dai luoghi
Siamo un territorio in cerca di rappresentanza, abitiamo il locale ma facciamo fatica a pensare ed agire nel globale.
Ci interroga Aldo Bonomi per bocca di Heidegger: il territorio prima lo si abita e poi lo si pensa, oppure prima lo si pensa e poi lo si abita?
Come dunque pensare il territorio oltre l’abitare, in relazione ed aggancio a delle geografie globali? Il nostro percorso di lavoro quindi si fonda anche su queste questioni e i luoghi comuni diventano creativi, assumono una nuova vitalità in funzione dello sguardo che poniamo su di essi.
Allora gli antichi terrazzamenti diventano luoghi dove reinventare forme anche modeste di agricoltura e non più luoghi dell’abbandono, diventano spazi dove grazie alle nuove conoscenze ed a una culturalizzazione diffusa è possibile coltivare lo Zafferano (un esempio giovane lo abbiamo a Cavandone) come sulle alte colline di Briga. Non che non ci si renda conto che sono azioni umane molto sperimentali ma pensiamo che valga la pena tentare. E la misura ci pare ampiamente ecologica, nel senso di un recupero della memoria di un luogo, nel senso di uno sguardo al governo di un territorio e infine nel senso di uno sviluppo sostenibile.
Così anche l’esperienza dell’Associazione Canova, nelle valli ossolane, che pone il proprio sguardo agli stessi manufatti con l’occhio attento dell’inclusione, dell’accoglienza. Recuperando muri a secco condividendo il lavoro con gruppi di cittadini extracomunitari. Anche in questo caso il valore dell’operazione si raddoppia e si aggiunge una dimensione etica e profondamente umana.
Il tessuto urbano può trasformarsi in un araba fenice se nella pianificazione che riguarda la città ma anche il territorio poniamo attenzione alle nuove start up che si riappropriano di spazi dismessi trasformando i rioni e le botteghe nei luoghi della nuova sperimentazione. Botteghe creative dove sperimentare nuovi percorsi di produttività e ricerca identificandosi quanto più possibile con i caratteri del luogo.
I luoghi della formazione, grazie anche al nuovo spirito delle nuove avanguardie (come si diceva poc’anzi), non sono più soltanto i musei le biblioteche le scuole, il cui valore di diffusione è ugualmente e sempre riconosciuto ma ogni luogo diventa “cassa armonica” della cultura scientifica e umanistica e tecnica un po’ sulla scia dell‘associazione LetterAltura che diffonde letture, dibattiti, dialoghi con gli autori o i ricercatori utilizzando di volta in volta spazi urbani inconsueti o luoghi del territorio altrettanto e forse ancor più interessanti dei luoghi tradizionali.
Sempre su questa scia interessante è l’uso di un luogo apparentemente ostile e difficile come quello di una cava di granito. Operazione che compie Tones on the Stones usando intelligentemente come quinta teatrale un luogo del lavoro tipico di un territorio che attraverso le fessure della pietra granitica è in grado di trasmettere le emozioni che vanno ben al di la della rappresentazione stessa e ne lasciano il segno.
Il festival e/o la rassegna culturale come occasione di scoperta e comprensione dei propri luoghi è anche l’esito di Editoria e Giardini che da anni accompagna la comunità locale ed i visitatori alla scoperta non solo di ville e giardini, ma anche del significato identitario e finanche connubio produttivo di quell’esito paesaggistico riconosciuto internazionalmente.
Che dire dei luoghi virtuali e diffusi, si è necessario porre l’accento anche su questa questione perché soprattutto oggi, in virtù delle nuove tecnologie viviamo parte della nostra vita in luoghi meno fisici. Dialoghiamo, facciamo nuove conoscenze, apprendiamo, votiamo delle preferenze politiche e decidiamo del nostro e di altri futuri, attraverso i nuovi media facciamo un’esperienza virtuale ma allo stesso tempo concreta (è un ossimoro mi rendo conto).
L’occasione in questo senso ce la offre l’Associazione Musei dell’Ossola che attraverso i moderni strumenti di comunicazione riesce a fare ampiamente rete, non solo sul territorio ma in un ambito di area vasta, dei musei dell’Ossola, dal più grande al più piccolo, da quello etnografico a quello di arti visive, da quello della memoria a quello contemporaneo. Anche questi luoghi diventano occasione di sviluppo consapevole. Luoghi e mondi dove ancora molto è da sperimentare. Ma è grazie a questi strumenti (se ben guidati) che la conoscenza si diffonde e moltiplica. Credo che l’importante sia usare anche questi strumenti in modo consapevole.
Un ultimo spunto (non che l’argomento si esaurisce con esso) ce lo offrono i luoghi della memoria, di cui il nostro territorio è particolarmente ricco – a partire dal “muro” di Fondotoce e dalla Casa della Resistenza – e in grado di fondere emozionalità e conoscenza.. Si, perché come già detto il luogo porta in sé, non solo la cultura materiale ma anche la cultura immateriale fatta di memorie che una volta raccolte ne tracciano il solco indelebile e valorizzano il senso dell’oggi ed anche l’identità. Ci fanno riconoscere il valore etico dell’esistere e del resistere. Ci pongono di fronte alla storia, sia pure solo di un luogo, e ci chiedono di progettare il futuro, non solo il nostro futuro ma quello più generale dell’umanità. A ben pensarci non è poco.
Dalle possibili visioni e riconoscibilità di valore dei luoghi, esogene, nascono le opportunità di rilettura e collocazione smart (land) degli stessi luoghi (città inclusive, sostenibili e partecipate. E perché no? Anche i territori).
Luoghi identitari, avendo questi la massima possibilità di espressione, insieme ad altri microcosmi alpini, in un ambito geografico, la bioregione alpina: non più periferica o marginale, bensì strategica nell’azione europea con la Macro regione alpina.
Luoghi della qualità della vita urbana, come è per Verbania ed una pluralità di città alpine (Trento, Belluno, Sondrio, Bolzano) nella classifica di Il Sole 24 ore/Legambiente, città con le quali costruire relazioni e politiche di condivisione su cittadinanza attiva, mobilità, saperi, identità, energia entro una piattaforma alpina trasversale (smart land appunto).
Luoghi della geodiversità, come è riconosciuto dal Global Geopark Network dell’UNESCO, rete nella quale tra i 120 geoparchi del mondo è anche il Sesia Val Grande Geopark.
Luoghi della Riserva mondiale biosfera, come è nel processo avviato di ampliamento dell’area MAB-Unesco della valle del Ticino all’intero lago Maggiore e al parco nazionale Val Grande.
Luoghi dunque che anche attraverso le loro identità globali, e le loro reti lunghe sottese, possono aumentare competitività ed attrattività del territorio.
Da questi spunti nasce un piccolo Focus incentrato nel tessuto urbano di Verbania, una modesta ipotesi, forse un’utopia (ma la storia dell’urbanistica è ricca di esempi che dall’utopia hanno sviluppato luoghi e forme concrete dalle Città giardino alle unità di abitazione).
Il lungolago diventa Parco urbano estendendosi fino ai limiti dell’abitato e diffondendosi all’interno del tessuto per coinvolgere e condividere gli spazi e i luoghi della vita culturale, economica, dando senso ai non luoghi, rispettandone i caratteri individuali di altri.
Immaginandolo come nuovo centro della vita collettiva capace di diffondere vitalità e creatività, di far risaltare eccellenze che ad oggi restano invisibili.
Dario Martinelli , Renata Moltalto, Maria Pia Zocchi
Paolo Lampugnani, Paola Bagnati, Tullio Bagnati
pdf scaricabile >> Lungolago: un progetto